Letteratura per l’infanzia

Pubblicato da il 19 Marzo 2021
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Tutti noi siamo stati bambini, in epoche diverse.

Tutti abbiamo letto favole, oppure abbiamo ascoltato storie.

Da piccola ho avuto la fortuna di avere intorno a me una famiglia che mi raccontava storie: dalle “pastrocchie” della tradizione di paese, quelle che si tramandavano per via orale, accanto a un focolare, a quelle classiche, favole e fiabe che avevo in un libro che citava “365 storie, una per ogni giorno dell’anno”. Amavo molto alcune storie che non erano le solite: adoravo “Pollicino”, “Il gatto con gli stivali” che vedevo tanto astuto, e “Il soldatino di piombo”. Questa raccolta di storie l’avevo ereditata dalla nonna materna, vi ero particolarmente affezionata. Mia mamma e mio papà invece mi regalarono una serie di storie della Fabbri in cui la protagonista ero io e a farmi compagnia c’erano tre mie amichette d’infanzia, che ho la fortuna di frequentare ancora oggi, nel tempo della maturità. Un altro regalo molto gradito, ricordo, furono i libri pop-up. Negli anni Settanta non tutti avevano quei libri e io mi sentivo custode di un tesoro.

Crescendo i libri sono cresciuti con me. Sia in quantità sia nella varietà delle storie. Prima di tutto nessuno deve dimenticare che ogni libro ci apre un mondo, è come un tesoro: possiamo ritrovarci a navigare nei mari del Sud col Corsaro Nero, per poi finire su un’isola deserta con Robinson Crusoe o vivere mille avventure nel giro intorno al mondo in ottanta giorni. Ogni avventura  mi trascinava in un mondo parallelo che in quel momento vivevo come mio. Ero particolarmente legata ad alcuni libri, tramandati dalla mia mamma: “Il giardino segreto”, “I figli del Capitano Grant”, “La piccola principessa”. Ancora oggi li ho, nascosti negli armadi, con le copertine tenute su dallo scotch, per quante volte sono stati sfogliati.

Da grande quando mi sono specializzata e ho studiato all’Università laureandomi in Scienze dell’Educazione, uno degli esami che ho preferito è stato proprio quello relativo alla letteratura per l’infanzia e il libro che faceva parte del corso monografico è ancora in mio possesso, non l’ho venduto, come spesso accade con i testi universitari. Fatto l’esame, libri venduti. Non questa volta, perché tra le pagine ritrovo la mia infanzia, i miei ricordi, i miei libri preferiti.

Come dimenticare le tante raccolte di “Corriere dei piccoli” che i miei nonni, di un’altra epoca, avevano fatto rilegare per me? Le copertine rosse, i personaggi che ora tutti hanno dimenticato. Io mi arrampicavo sugli scaffali, in bilico, e poi mi mettevo a sfogliarli sul letto.

Nel libro universitario si trovano tanti riferimenti a storie come quella di Giamburrasca e altri personaggi usciti dalle “penne” di autori italiani, ogni storia, ogni fumetto… tutto interessante, per me.

Ho letto tanto, da piccola, e mi sono arricchita molto. Ciò non vuol dire che io non abbia anche giocato. In un equilibrio di momenti liberi, che negli anni Settanta avevamo, si aveva il tempo per fare entrambe le cose. Le nostre mamme, allora, non riempivano le nostre giornate di attività forzate, oltre ai compiti da fare, che a volte erano veramente molti. Avevo il tempo per giocare con le bambole, le Barbie, fare corse in bici con i miei amici, inventare storie e giochi con loro e poi c’era sempre, tutti i giorni, il momento della lettura. Per me è stata da sempre una passione. Credo che ci si  nasca, con la voglia di leggere. Però si è aiutati anche dall’ambiente che ci circonda. Io spesso ero al cospetto anche di librerie che potevano incutere timore, con quei libri tutti rilegati in pelle, con scaffali alti fino al soffitto, in casa dei nonni. Ma a me affascinavano, invece. Trovo che sia bello ancora oggi abituare i bimbi alla lettura, tramite, all’inizio, l’ascolto. E’ quello che faccio nel mio lavoro di insegnante di Scuola dell’Infanzia. Ogni giorno abbiamo il momento del “circle time”, in cui ci si mette in cerchio e la maestra racconta una storia, di vario tipo: le favole classiche, le storie legate alle emozioni, quelle inventate, quelle in rima, libri che i piccoli portano da casa… tutto diventa parte di un momento di crescita e condivisione.

Poi c’è il libro per eccellenza, quello da tramandare alle generazioni. Questo, almeno, è quello che penso io. Ho amato e amo “Piccole donne” come se lo avessi scritto io. Anzi, vorrei averlo scritto io. Letto in vari momenti della mia infanzia e adolescenza, spunto per alimentare la mia passione per la scrittura. Visto in televisione e al cinema in tutte le sue trasposizioni. Ma rimango dell’idea che il libro è sempre meglio. Che la lettura ci permette molti più piani di interpretazione, di spaziare con la nostra immaginazione. Mia sorella ed  io abbiamo tutti e 4 i libri della Alcott, letti a suo tempo per varie volte, consumati, quasi. Ora, da tanti anni, ognuno di noi ne ha due volumi. Lei i primi due io gli altri due… per mantenere un legame indissolubile tra sorelle.

Trovo così importante e trasversale la lettura di questo capolavoro per l’infanzia che ancora oggi, negli anni della modernità, regalo, se posso, una copia alle bambine che amo. Perché, spero, ne possano fare tesoro e scoprire la bellezza in cui ci si immerge nel leggere un libro.

Rita Ottaviani

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